Raccogliere i funghi è una vera e propria filosofia. Spesso tramandata di generazione in generazione e condivisa da un numero sempre più alto di appassionati, l’abitudine di andare a raccogliere i funghi lega le persone di ogni età. Attorno a questa attività si creano vere e proprie comunità di interessati, che poi condividono tra loro risultati e osservazioni.
A contribuire alla formazione di queste comunità sono stati sicuramente i social media. Ben prima dell’avvento di questi ultimi però gli appassionati di raccolta di funghi si potevano riconoscere tra loro. Muniti di cestino, senza timore per una sveglia mattiniera, i raccoglitori di funghi si avventurano per il sottobosco alla ricerca dei suoi tesori.

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Chi raccoglie i funghi per passione sa però che ci sono delle regole da seguire, nel rispetto della natura e dell’ecosistema del bosco. Il diffondersi di questa pratica ha infatti aperto la strada a molte persone inesperte che inavvertitamente rischiano di danneggiare il sottobosco.
Tra i principi cardine di questa filosofia c’è infatti la parsimonia: il sottobosco non va saccheggiato, ma bisogna raccogliere con intelligenza, dunque con il senso della misura. Ora ci sono delle leggi che impongono un limite, ma questo limite è autoimposto per chi ama il bosco.

Andare a funghi è un’attività che presuppone anche lo studio: bisogna saper riconoscere le varietà commestibili da quelle che non lo sono. Oltre che per le ragioni più ovvie, anche perché le varietà non commestibili (spesso simili a quelle che lo sono) sono fondamentali per il funzionamento dell’ecosistema e raccoglierli inutilmente creerebbe un grave danno all’ambiente.
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Infine la raccolta dei funghi aiuta a creare dei legami, delle tradizioni che poi si trasmettono alle nuove generazioni che apprenderanno a rispettare il bosco, la natura e il valore della conoscenza.
Andare a funghi è una cosa indescrivibile, una emozione continua.